martedì 14 gennaio 2014

CONVERSAZIONE CON L'AUTORE

Parliamo dei tuoi racconti: quali sono gli elementi che ti spingono a scegliere la narrazione breve rispetto al romanzo?

  Il racconto è un modo di intendere la scrittura come libertà dallo sviluppo di una trama tipico del romanzo. Risulta quindi collocabile in un’area di confine, di ibridazione tra generi letterari. Questa grande libertà che la prosa breve porta con sé mi permette quindi di concentrarmi su ciò che più mi interessa, sia come lettore che come autore, e cioè la narrazione di frammenti di vita, di scampoli della memoria, la descrizione puntuale del dettaglio, di tutto ciò che appare marginale e secondario, ma che in realtà è profondamente significativo. Racconti che sbucano disordinatamente dal cervello creativo; brevi storie che, a volte, hanno un tessuto complesso ma gestito in una sintesi linguistica e narrativa, altre volte esprimono sentimenti di una immediatezza che si condensa in una espressione, in uno sguardo, in un atteggiamento. Sono inquietudini dell’anima che, per una esigenza personale, mai completamente risolta ma comunque soddisfacente, mi è necessario scrivere.

Cosa ne pensi degli accadimenti in atto nella politica e nella società?

   I contrasti sociali oggi sono più che mai acuiti da una crisi economica senza precedenti e portano anche il più pacifico degli individui all’esasperazione, a considerare chi la pensa diversamente un nemico e non un semplice avversario, a radicalizzare le idee e le opinioni, a creare quel muro contro muro che non mi pare storicamente abbia mai portato a nulla di buono. Probabilmente solo un bagno di democrazia può salvarci dal medioevo prossimo venturo, dalla barbarie di una società divorata dall’economia, dalla finanza, dal potere politico.
Penso purtroppo che in un momento storico come questo gli intellettuali possono fare poco, perché parlano alla testa della gente mentre altri si rivolgono alla pancia, fomentando la rabbia e i bassi istinti.

Non sono quindi tempi felici per gli scrittori e gli editori?

Comprare libri non è esattamente una passione di tutti, anzi, stando alle statistiche, in Italia i consumatori di carta stampata sono una minoranza. Però, in questi ultimi anni, l’indice dei lettori pare essersi inaspettatamente impennato, vuoi per una sorta di ribellione al pesante impero della televisione, vuoi per un nuovo interesse verso il libro, padre di tutte le culture, vuoi per il fiorire di intelligenti iniziative editoriali che hanno puntato su giovani autori contemporanei.

Eppure leggere è importante…

Leggere è come viaggiare, assecondando l’ansia di sapere e di navigare nel tempo e nello spazio che alberga in tutti noi. Una ricerca che non ha fine, che ci accompagna per tutta la vita, una navigazione che non sente mai bisogno di approdo. Chi è toccato da questa febbre vorrebbe leggere tutti i libri che lo attraggono, ma comprare libri, acquisirli nella propria biblioteca, richiede, per dirla con Schopenhauer, un tempo assai inferiore rispetto al tempo necessario per la loro lettura.
Sicché avviene che i libri si ammucchiano sugli scaffali, in lunghe file ordinate, ma sono tanti quelli che non sono mai stati letti. Una vita non basta, non può bastare, a leggere tutto quello che vorremmo. Un “espediente” per dilatare il tempo ai fini della lettura è l’utilizzo dei “tempi morti” delle attese, durante le lunghe file alle poste, alle banche, nelle anticamere dei medici, degli avvocati e così via. Se, anziché sbirciare le vecchie e inutili riviste sempre presenti nelle sale d’attesa, ci portassimo appresso un libro scelto da noi, quanto tempo avremmo recuperato, quante pagine in più avremmo letto, quante emozioni avremmo condiviso con gli scrittori, nostri insostituibili compagni di viaggio?

Ma la cultura ha ancora un posto di rilievo nella nostra società?

I giovani dovrebbero studiare non per diventare giocatori di calcio che ce ne sono già tanti, non per diventare manager che ce ne sono già tanti, né per diventare professori che ce ne sono già tanti e nemmeno per conquistare il loro personale benessere economico, ma devono studiare per creare il nuovo, perché la nostra società ha bisogno di idee innovative, di spinte in avanti, di una cultura creativa che solo i giovani possono avere, e ciò avviene stimolando in loro un sapere non nozionistico ma in grado di precorrere i tempi, aprendo la mente, verso nuovi mondi dell’intelletto, nei quali si genera il progresso della società.

Entriamo nello specifico de “L’undicesima”, questo ultimo libro di racconti.

Sono racconti che, in massima parte, possono inquadrarsi nel filone delle crime stories: L’allievo di Satana”, “I soliti sospetti”, “L’undicesima”, che dà il titolo alla raccolta (sono anche 11 i racconti), “La bambola olandese”, ”Zapping”, “Killer night”. In questi racconti noir si agita una piccola schiera di personaggi diversi e strani, tutti però accomunati da una personalità border line, vissuta come energia letale e ricerca di sensazioni estreme che possano disarticolare la realtà deprimente che attanaglia l’individuo, maschio o femmina che sia, in una società contemporanea pregna di messaggi subliminali che inducono al consumo di ogni cosa, dal cibo al sesso, smarrendo ogni naturalezza, ogni umanità, ogni valore condiviso. Il racconto “Sabato di penitenza” descrive la cronaca dettagliata di un attentato kamikaze in una sinagoga ebraica, poi c’è il monologo logorroico dell’attore Severin in “Uguali e diversi”, e la fabula “Amhid l’etiope” dove si cambia registro: protagonista è il mare. Un mare senza connotazioni geografiche precise, sicuramente siciliano, forse il mare di Augusta, città ove attualmente vivo. Quì si svolge la vicenda di personaggi improbabili, emarginati, freaks felliniani, extracomunitari e clandestini, che vivono ai margini dei cantieri navali, calati nell'atmosfera salmastra e sordida e insieme vitale e assolata del porto. Un altro personaggio che affronta la maturazione nel dolore è il nano rom Palak, protagonista di un’altra fabula del mare, “Palak il nano”, appunto, nella quale si inseguono atmosfere magiche, presenze inquietanti ed esistenze minimali. Il vecchio e il bambino del racconto “Pietre rosse” sono i personaggi di una storia semplice sulle onde di una memoria antica, che ripercorre anni oramai dimenticati nei quali la campagna, il paese, le tradizioni, il contatto con la natura, madre e matrigna, erano parti integranti dell’educazione esperenziale di un giovane.
Il libro, poi, è arricchito dalla fotografia di copertina di un fotografo artista, Luca Morreale, che cristallizzato in un click un’intensa espressione dell’attrice Jennifer Schittino. Si avvale anche di una prefazione della scrittrice e giornalista Veronica Tomassini.

martedì 7 gennaio 2014

LA COPERTINA DEFINITIVA

"L'undicesima" avrà in copertina un intenso primo piano dell'attrice siracusana Jennifer Schittino, immortalata da Luca Morreale (http://www.lucamorreale.com/). Ecco la versione definitiva.